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Con la poesia si possono fare tante cose. Un poeta ricorda, tramanda, celebra, depreca, sprofonda nel suo animo, interroga la storia, costruisce visioni, e altro, e altro... Con la poesia si può anche giocare: con la forma delle lettere scritte, con i suoni che si pronunciano, con il senso delle parole. Un gioco molto divertente, almeno per chi scrive (nella speranza che lo sia anche per chi legge) è quello tra senso e buonsenso, tra la realtà e il salto "altrove" che certe forme consentono. E il limerick è una di queste forme. Il limerick ha regole molto precise: un certo numero di versi, un certo tipo di rima, il riferimento obbligato a un luogo geografico, la presenza indispensabile di un anonimo protagonista che fa (cui accadono) le cose più impensate, secondo una logica ferrea e improbabile come quella del sogno. Come si fa a divertirsi con qualcosa di così rigido e apparentemente ripetitivo? C'è un bellissimo modo di dire peruviano che recita: "La misma india con otra falda" (la stessa india con un'altra gonna); apparentemente l'equivalente dei nostri "Se non è zuppa è pan bagnato", "È sempre la solita solfa", ma senza la stanchezza annoiata della ripetizione.